La fine della pace. Questa volta la copertina è scivolata veloce, in maniera quasi sorprendente. L’immagine della cupola del Cremlino rovesciata si è formata nella mente e ha preso forma, e sopra la guglia il mondo che sfuma, cappello magico o alfiere degli scacchi?
Il disegno era partito complesso, e poi ho lavorato per sottrazione, lasciando questo particolare solitario, tra il giallo dei campi di grano e il cielo azzurro che li sovrasta.
La guerra in Ucraina ridisegna le relazioni tra le grandi potenze e innesca uno scontro a tutto campo destinato a protrarsi nel tempo. Ci attendono tregue armate e un futuro tutto da decifrare.
Soprattutto per il nostro paese e per il Vecchio Continente, teatro del conflitto e testimone di un lungo periodo di pace che inizia a sfumare. Mentre una Russia in difficoltà nel pantano ucraino guarda alla Cina per sopravvivere.
Trent’anni fa scambiammo la fine della pace per la fine della guerra. Inversione di parole e cose: avendo bollato «guerra fredda» la lunga tregua europea, preferimmo trascurare che crollato un ordine fondato sull’equilibrio del terrore e non avendone negoziato uno nuovo fra vincitori (involontari) e vinti (suicidi), l’instabilità sarebbe stata la cifra del nostro futuro. Altro che Pax Europaea.
Dall’editoriale “L’ultima parola ai popoli muti”, del numero di Limes di ottobre 2022.