La proiezione è dedicata a chi ha combattuto sul Carso durante la Prima Guerra mondiale. Dalla fossa delle trincee il poeta Giuseppe Ungaretti si è sporto in avanti e ha sicuramente visto il mare, ha visto la sagoma dell’Istria e ha potuto immaginare di arrivare fino al delta del fiume Nilo, dove è nato. Una docile fibra dell’Universo ha cominciato a tessere una tela che passando dalla terra al mare ha ricucito la sofferenza della guerra.
Il fiume Nilo sfocia nel Mar Mediterraneo, con il suo passo lento e caldo. Lasciando nel suo tratto solo i segni dell’acqua, diventa simile ad una corolla di un fiore con i petali in volo, che sostiene e sospinge un cielo stellato specchiato in un pezzo di mare tra Venezia e l’Istria. L’anima della corolla, il suo tratto essenziale, come una docile fibra dell’universo.
La nascita, il tempo che passa, il senso di continuità.
Il calore che sembra di sentire attraverso queste parole, calore materno, calore di casa, di culla, di origine. L’aria che aiuta a ritrovarsi spingendoci nell’acqua, acqua materna, che ricompone le fratture della vita, ricongiunge.
Dentro la trincea, la notte gela terra e uomini. Nessuno sa se rivedrà l’alba, Nessuno sa cosa succederà. L’incertezza è la costante in questo luogo a sé stante, senza riferimenti. Ma il cuore crea fibra (docile fibra dell’Universo) e il cielo notturno diventa nutrimento e nettare di nuova vita. L’alba arriverà e se non arriverà io ce l’ho già dentro, per sempre.
Queste parole viaggiano nello spazio alla velocità della luce. Sono le parole più vitali che io abbia mai udito. Mi sento tirare per la maglietta ed entrare dentro questa luce fortissima, dai toni giallo chiaro fino ad arrivare al giallo sole dell’ora di pranzo, il giallo dell’ora più calda, ma una fascia di luce rosata è nel mezzo, è l’alba, quell’alba di prima, nata dalle stelle della notte incerta, è l’alba di dentro, uguale a quella dell’Universo.
Maggio 26, 2020