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A Baita
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A Baita

``Ecco, sono ritornato a casa ancora una volta; ma ora so che laggiù, quello tra il Donetz e il Don, è diventato il posto più tranquillo del mondo. (...)`` Queste 3 righe si trovano a conclusione del libro di Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve. Ritorno sul Don, a pag. 317, Editore Einaudi Tascabili. Ho voluto dedicare questa geopoesia ad una delle pagine della storia d'Italia, che si è svolta proprio dove ora ci sono molte basi russe e purtroppo non è più una zona tranquilla come sul finale del libro.

Titolo: A Baita
Anno: 2022
Stampa su alluminio graffiato
cm 150×100

Sono tanti mesi che ho finito di leggere “Il sergente nella neve” e “Ritorno sul Don” di Mario Rigoni Stern. Appena terminata la lettura ho sentito molto forte il desiderio di disegnare una geopoesia dedicata a questa storia, perchè vorrei tenerla a galla. Si perché ho la sensazione che sta per essere dimenticata, seppellita per sempre. 

Ma a differenza di tanti altri disegni che ho realizzato, questo, mi riesce molto difficile perchè ho l’impressione che qualsiasi tratto o segno io possa realizzare, non sarà mai in equilibrio con quello che è accaduto in quel tratto di mondo tra il fiume Don e la piccola città di Sebekino nel gennaio del 1943.

Ma l’ho fatto lo stesso e non per sfida ma perché serve un punto fermo su cui fissare il ricordo, per far si che non svanisca. Questa è una storia di perdenti eroici che andrebbero ricordati ogni 26 gennaio con una giornata di lutto nazionale. Il 26 gennaio ricorre la battaglia di Nikolajewka, punto centrale della mia mappa.

Il centro come l’ombelico che se lo spingi a fondo con un dito ti sembra di essere entrato dentro te stesso.

Leggere la descrizione della battaglia di Nikolajewka mi ha molto impressionato. Tutto il libro in verità mi ha impressionato ma la descrizione di quella giornata in particolare. Sopravvivere a quelle temperature e lottare per la propria vita, praticamente disarmati e senza una strategia è un fatto talmente eroico da renderlo extraterrestre. A volte, quando mi metto nel letto e oso sentire freddo ai piedi, nella mia confortevole casa, penso a quegli uomini quasi scalzi che dovevano combattere a temperature sotto lo zero. Con la consapevolezza che se rimanevano feriti sarebbero morti congelati in pochi minuti. E così è stato per molti di loro. E io mi sento in colpa per i miei piedi freddi. 

Il ripiegamento dal fiume Don iniziò la sera del 17 gennaio del 1943. Attraverso una mappa trovata su internet mi metto a caccia di quei luoghi, confrontandoli con il libro di Mario Rigoni Stern. Difficilissimi da trovare, ci sono addirittura due Nikolajewka, la seconda si scrive Nikolaievka e sta più vicina al fiume Don e più a sud. Altra difficoltà è che lo spazio in cui si svolge tutto è piccolo, in tutto sono 200 km. Questi chilometri sono stati percorsi a piedi nella neve, mentre aerei, carri armati e mitragliatrici russe, sparavano contro gli Alpini. Inoltre non ci sono importanti riferimenti geografici come vette montuose, o qualche altro riferimento, no, è tutto piatto, tutto più o meno uniforme. Questa uniformità restituisce a chi ne è immerso, un senso di enormemente vasto. 

È scesa la sera, non si vedono più villaggi e, quando mi giro, nemmeno Nikolajevka. Come allora neve e cielo, ora terra e cielo. Quando parlo dico a fatica: – Per questa pista siamo passati il 27 gennaio. La riconosco.

(Mario Rigoni Stern Il sergente nella neve Ritorno sul Don, Einaudi Tascabili 1973 e 1990 – pag. 300)

Camminare senza un riferimento geografico vuol dire non percepire quanta strada si è fatta, può distruggere il morale e sentirsi persi, infatti molti alpini si sono accasciati lungo la strada e si sono lasciati morire nel gelo.

Lo stesso Mario Rigoni Stern ha difficoltà a ritrovare quei luoghi quando torna in Russia in tempo di pace, il segretario del Soviet di Valuijki lo aspetta per stabilire l’itinerario del viaggio:

(…) Fa portare al tavolo una carta geografica della zona, la confronta con la nostra carta stradale della Russia, con le mie italiane e gli dico dove intendo andare. Ma in nessuna carta russa è segnato il nome che cerco: Nikolajevka. C’è solo sulle carte italiane. – Ma non esiste questo paese? – dico. – Ma qui c’è pure Nikitòvka e Arnautòvo. – Noi abbiamo sempre pronunciato in maniera sbagliata: c’è, mi dicono, Nikítova e Arnáutovo.

Le due carte russe non corrispondono, le tre italiane nemmeno. Forse, su quelle italiane, vi sono errori di trascrizione dal cirillico o dal tedesco. E poi tutte e cinque hanno scala diversa. Rimango imbarazzato e confuso quando uno di loro sbadatamente si appoggia sul vetro che ricopre la loro carta incorniciata e lo rompe. Sono io la causa di questo danno.

Due membri del Soviet di Valuijki si offrono di accompagnarci verso la pista che porta a Nikitova e Arnautovo: – Andiamo, – dico, – si fa tardi -. Poi penso tra me: « Da lì la strada per Nikolajevka la troverò io. Diavolo se la troverò!»

(Mario Rigoni Stern Il sergente nella neve Ritorno sul Don, Einaudi Tascabili 1973 e 1990 – pag. 297-298)

Anche io ho avuto difficoltà a ricostruire questa geografia ma ho trovato il mio punto di appiglio dal quale iniziare ed è stata la confluenza del fiume Kalitva con il Fiume Don. È un punto particolare perchè lì il Don piega a 45° verso Est, sembra un gomito e all’estremità del gomito entra questo piccolo fiume il Kalitva. In questo innesto di fiumi c’è la città di Novaja Kalitva da dove la Divisione Julia parte per uscire dalla sacca. 

Il libro descrive benissimo le sensazioni e le difficoltà, le descrive talmente bene che ad ogni pagina spero che tutto finisca invece si arriva al 26 gennaio dove avviene la terribile battaglia di Nikolajevka e dove muoiono moltissimi Alpini, il sangue versato colora di rosso la neve. Chi è sopravvissuto però non avrà nessun aiuto, il mattino dopo dovrà riprendere il cammino verso la salvezza, sempre nel gelo e sempre senza armi e cibo. Giorni e notti di cammino in questo luogo dove cielo e terra si confondono in una linea dritta.

Perdere gli amici più cari in quel luogo difficile da trovare anche sulle mappe, proseguire la strada che non porterà a casa ma ad altri combattimenti e poi anche in un lager nazista, sembra un racconto partorito da un sadico, invece è stata la realtà del Sergente Maggiore Mario Rigoni Stern che ha poi trovato la forza di vivere la sua vita con umanità, tornando sui luoghi della sua guerra per salutare i compagni lasciati sul campo. Li ha ritrovati, li ha sentiti, riscoprendo un paesaggio senza neve che emanava pace. 

Ecco, sono ritornato a casa ancora una volta; ma ora so che laggiù, quello tra il Donetz e il Don, è diventato il posto più tranquillo del mondo. C’è una grande pace, un grande silenzio, un’infinita dolcezza.

La finestra della mia stanza inquadra boschi e montagne, ma lontano, oltre le Alpi, le pianure, i grandi fiumi, vedo sempre quei villaggi e quelle pianure dove dormono nella loro pace i nostri compagni che non sono tornati a baita*.

(Mario Rigoni Stern Il sergente nella neve Ritorno sul Don, Einaudi Tascabili 1973 e 1990 – pag. 317)

Mario Rigoni Stern è deceduto ad Asiago, sua città natale il 16 giugno 2008. Non potrà vedere che quei luoghi che credeva in pace, oggi sono di nuovo in guerra.

Il Corpo d’Armata Alpino in Russia era formato da 57.000 uomini, 43.500 sono i caduti e i dispersi.

“Tornare a baita” è un’espressione che l’alpino Giuanin diceva spesso al Sergente Maggiore Stern, quando aveva paura chiedeva: “Sergentmagiù, ghe rivarem a baita?” Che voleva dire: torneremo a casa? Giuanin è deceduto a Nikolajewka nel tentativo di portare le munizioni al suo Sergente Maggiore.

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