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Laura Canali
  -  Ricamando il mondo   -  Casamance e la mia porta d’ingresso sulla Geopolitica

Casamance e la mia porta d’ingresso sulla Geopolitica

Testo di Laura Canali, per la rubrica “Ricamando il mondo” di Limes

Casamance. Questa parola è stata la mia porta d’ingresso alla geopolitica. Sí proprio una porta perché mi sento come se mi ci fossi fermata davanti e prima di posare la mano sulla “maniglia” l’ho osservata perché per me era anche una parola sconosciuta. Sí una parola sconosciuta ma nella lingua che ho più amato dopo l’italiano, il francese. 

La Casamance è una regione geografica del Sud del Senegal ma è anche a sud del Gambia infatti nel cuore del Senegal. E tutto attorno al Fiume Gambia c’è appunto lo Stato del Gambia. Una specie di matrioska geografica. La Casamance ha una superficie di 28.350 km2. Per fare un paragone, è poco più grande della Sardegna (24.090 km2). Il nome della regione ha origine nel fiume omonimo che l’attraversa e che dona a tutta l’area una buona dose di acqua tanto da renderla molto fertile. Purtroppo la maggior parte delle coltivazioni sono abbandonate perchè c’è una guerra in corso dal 1982 e gran parte del territorio, soprattutto intorno al fiume, è disseminato di mine. Questa guerra vede da una parte l’Esercito regolare senegalese e dall’altra il Movimento delle forze democratiche della Casamance (MFDC) diviso in vari raggruppamenti e milizie. Il nucleo principale è però guidato dal leader ribelle Salif Sadio. Naturalmente, come in tutte le guerre, anche qui il territorio è ormai degradato e molti giovani emigrano verso Dakar per poter studiare.

Quindi, come dicevo, Casamance è la parola che mi ha subito fatto capire che nel mio lavoro non mi sarei annoiata mai. Avrei potuto rinnovarmi ad ogni disegno, bastava seguire la geografia ma soprattutto non ignorare i punti interrogativi che faceva nascere osservandola. Bisognava seguire gli strani confini, risalire il loro corso anche nella storia, capire da dove veniva il nome in francese, portoghese o inglese e scoprire che lo Stato del Gambia nasce ricalcando i possedimenti inglesi nel tempo della colonizzazione. Una mappa geopolitica è certamente limitata nel tempo e nello spazio del momento in cui si disegna ma ha tantissimi spunti legati al passato di quegli stessi luoghi, come se ci fossero dei sospesi che le donano una terza dimensione, che non si vede graficamente ma è presente perché dentro i suoi toponimi.

Le mappe geopolitiche hanno bisogno delle parole, devono viaggiare su binari paralleli, sono di sostegno una all’altra. Seguendo le parole di un autore si può entrare nella visione di un determinato modo di pensare, con la sua storia e le sue percezioni, con un altro autore, di un’altra parte del mondo. Si avrà un altro punto di vista. Le mappe seguono questa ginnastica, tentano di visualizzare i vari aspetti del mondo. Non c’è tifo, c’è solo desiderio di analizzare i fatti. Non tutti i fatti però perché una mappa può contenere tutto ciò che accade, serve fare una scelta e anche in questo caso le parole degli autori aiutano. 

Ora però sto trascurando un passaggio fondamentale e cioè il processo creativo, perché sto dando per scontato che le parole si trasformino, in modo naturale per tutti, in immagini dentro la propria testa. Ecco, questo non è così e io non so il perché. Sicuramente è la caratteristica di una mente creativa che ci riesce, ma perché non tutti ce l’abbiamo è un mistero. A volte penso che la differenza stia nella capacità di conservare una visione immaginaria, come quella che si possiede naturalmente nell’infanzia. Comunque rimane un mistero. Fatto sta che io quando leggo, vedo immagini. Le mappe cominciano a disegnarsi da sole nella mia mente, soprattutto la mattina presto, come se la notte le spingesse fuori. Però di una cosa sono certa: i colori li penso uno alla volta. Nella mente non riesco a pensare ad un insieme cromatico, per realizzarlo devo stare davanti alla tavolozza, anche quella virtuale del computer. Fare e disfare gli abbinamenti fino ad arrivare all’armonia d’insieme. Un’armonia che funzioni nella comunicazione dei fatti e non solo per la bellezza dello sguardo. La funzionalità viene prima. Ma la bellezza è necessaria altrimenti viene la stanchezza nel guardare a lungo un disegno respingente nel colore o nelle forme. Non bisogna dimenticare infatti che il colore è contenuto in una forma o anche in un segno, in un simbolo e quindi le linee devono essere ben disegnate perché questo contribuisce fortemente all’armonia dell’insieme.

Le mappe geopolitiche non sono le uniche ad avere un legame forte con le parole. Anche l’arte in generale è stata molto influenzata dagli eventi nel corso della storia. Poche opere hanno però ancora un testo reperibile che lega le motivazioni dell’artista al dipinto. Una di queste rare testimonianze viene da un capolavoro di Peter P. Rubens il quale descrisse minuziosamente la sua opera, in una lettera indirizzata al suo committente, il granduca di Toscana. La lettera, qui di seguito, fu scritta nel 1638.

La principal figura è Marte che, lasciando il tempio di Iano aperto (il quale in tempo di pace, secondo gli costumi romani, stava serrato) va collo scudo e la spada insanguinata minacciando ai popoli qualche gran ruina, curandosi poco di Venere sua dama, che si sforza con carezze ed abbracciamenti a ritenerlo, accompagnata dalli suoi Amori e Cupidini. Dall’altra banda Marte vien ritirato dalla furia Aletto, con una face in mano e due mostri accanto, che significano la peste e la fame, compagni inseparabili della guerra. Nel suolo, giace rivolta una donna con un liuto rotto, che denota l’armonia, la quale è incompatibile colla discordia della guerra; sicome ancora una madre con il bambino in braccio, dimostrando che la fecondità, generazione e carità vengono traversate dalla guerra che corrompe e distrugge ogni cosa. Ci è più di un architetto sottosopra colli suoi strumenti in mano, per dire che ciò che in tempo di pace vien fabbricato per la comodità e ornamento delle città si manda in ruina e gettasi per terra per la violenza delle armi. Credo, se ben mi ricordo, che v. s. Troverà ancora nel suolo, sotto i piedi di Marte, un libro e qualche disegno in carta, per inferire che egli calca le belle lettere ed altre galanterie. Vi deve esser di più un mazzo di frecce o saette col laccio che le stringeva insieme sciolto; che era, stando unite, l’emblema della concordia, sicome ancora il caduceo e l’ulivo, simbolo della pace, che finsi giacerli acanto. Quella matrona lugubre, vestita di negro e col velo stracciato e spogliata delle sue gioie e d’ogni sorte di ornamenti, è l’infelice Europa, la quale già per tanti anni soffre le rapine, gli oltraggi e le miserie, che sono tanto notorie ad ognuno che non occorre specificarle. La sua marca è quel globo, sostenuto da un angeletto o genio con la croce in cima, che denota l’orbe cristiano. Questo è quanto posso dirne a v. s..
Peter P. Rubens, Conseguenze della guerra, 1638-39, Palazzo Pitti, Firenze.

Il celebre pittore aveva visto cosa accadeva nei paesi devastati dalla guerra dei Trent’anni. Con questo dipinto cerca di emozionare chi lo guarda trasmettendo sentimenti, lacerazioni e si capisce benissimo come la guerra, qualsiasi guerra, cancelli e distrugga l’operato umano volto al miglioramento. La guerra ferma il progresso, insinua la rabbia conseguenza dei lutti, la rabbia si trasforma in odio per chi ha causato i lutti e le zone di guerra hanno davanti anni di medioevo prima di ritornare ad essere terreno fertile inteso con un senso ampio del termine.

Questo dipinto, per poter essere descritto in ogni dettaglio, avrebbe bisogno di moltissimi fogli e fiumi d’inchiostro e forse mancherebbero le parole per descrivere veramente tutto con l’intensità necessaria. Un’immagine può avere una profondità tale da aprire nuovi mondi dentro di noi. Questa profondità non è mai dipinta, non è materiale ma c’è ed è il fulcro dell’immagine.

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